(Truppe senusse muovono verso il confine libico-egiziano)
Una colonia non colonizzata
L'Italia ottenne il possesso della Libia dopo aver sconfitto tra il 1911 ed il 1912 l'Impero Ottomano nel conflitto conosciuto come guerra italo-turca.
La Libia geograficamente e politicamente era divisa sostanzialmente in tre grandi regioni. La Tripolitania, che comprendeva tutta la fascia costiera adiacente alla città di Tripoli fino ai laghi Akhariyah ad est. La Cirenaica, che si espandeva dal confine con la Tripolitania fino al confine egiziano, città principali della regione erano Bengasi e Tobruk.
Per finire vi era la grande regione del Fezzan, situata a sud e prevalentemente desertica, l'unico punto degno di nota era Sebha, ai tempi villaggio situato tra delle oasi nel deserto libico.
(Fanti della Regia Marina a Tripoli nel 1911)
La colonizzazione italiana non fu affatto facile, il governatore Giovani Ameglio riuscì a stabilire un vero controllo esclusivamente nella Tripolitania e parzialmente nella Cirenaica. Il Fezzan invece restò praticamente alla mercé delle tribù arabe, che spesso promuovevano delle scorribande ai danni degli insediamenti italiani, non accettando di fatto l'occupazione.
Ad iniziare una vera e propria campagna di resistenza contro gli italiani fu Ahmed Sharif as-Senussi, guida della confraternita Senussi, che riuscì abilmente a riunire molte delle tribù arabe della Libia con l'obiettivo di scacciare gli italiani da quello che loro ritenevano di diritto un loro territorio.
(Ahmed Sharif as-Senussi)
Le azioni di guerriglia organizzata contro le forze italiane presenti in Cirenaica si intensificarono sempre di più fino al punto di riuscire a costringere gli italiani a ritirarsi nei centri abitati costieri (Bengasi, Derna e Tobruk).
Le forze armate italiane presenti in Cirenaica si limitarono nell'estate del 1913 a mettere in sicurezza l'intera fascia costiera, non senza difficoltà.
Nonostante i duri colpi inferti dagli italiani, la resistenza dei Senussi continuò sotto forma di guerriglia. Le zone desertiche della Libia si trovavano comunque ancora de facto sotto il controllo delle tribù arabe.
La grande guerra arriva anche in nordafrica
Lo scoppio della prima guerra mondiale aggravò la situazione italiana in Libia, nonostante l'Italia fosse inizialmente rimasta neutrale, il 14 Novembre 1914 il sultano Mehmet V dell'Impero Ottomano proclamò la guerra santa, risvegliando se mai ce ne fosse bisogno i sentimenti anti-italiani delle dei Senussi in Libia.
Riprese così le armi in maniera più decisa, le forze arabe riuscirono ad espugnare vari avamposti italiani, il Fezzan fu quasi totalmente conquistato dalle tribù arabe ed una delle guarnigioni italiane vedendosi la ritirata verso nord preclusa fu costretta a ripiegare oltre il confine tunisino per evitare di cadere in mano nemica.
Le forze dei Senussi riuscirono ad interrompere ogni collegamento fra Cirenaica, Tripolitania e Fezzan conquistando anche le oasi avanzate di Socna e Giofra.
Il 14 Febbraio 1915 la situazione fu giudicata talmente disperata dal governatore, il generale Giulio Tassoni, che ordinò ai comandanti delle piazzeforti rimaste di resistere ad oltranza, vietando loro di ritirarsi ulteriormente, temendo di dover abbandonare totalmente l'intero territorio libico.
Gli Ottomani, in aiuto dei Senussi inviarono loro dei consiglieri militari appartenenti all'esercito ottomano, collaborazione che fu decisiva per l'organizzazione delle forze arabe che fino a quel momento risultavano essere grandemente disorganizzate.
(Parte di una colonna dell'esercito italiano, vediamo impiegate le prime unità motorizzate delle forze armate italiane costituite in questo caso da alcune
FIAT-15.)
Ad alleggerire la pressione sulle forze italiane fu la decisione degli ottomani di richiedere ai Senussi di spostare delle forze verso il confine egiziano, in modo da poter prendere i britannici tra due fuochi, da una parte l'esercito ottomano che sarebbe dovuto marciare verso Suez ed oltre, dall'altra le forze arabe guidate dai Senussi provenienti dalla Libia.
Il 4 Aprile 1915 il generale Tassoni ordino l'inizio di un'offensiva con l'obiettivo di riconquistare la zona sirtica (posta proprio nel mezzo tra Tripolitania e Cirenaica).
Le forze italiane composte da circa 2.000 unità di cui 700 italiani e 1.300 libici inquadrati nel Regio Esercito, si misero in marcia alla volta della Sirte, poco meno di due giorni dopo individuati da alcuni esploratori nemici vennero tratti in una trappola, circondati, gli italiano ebbero perdite altissime, i superstiti furono costretti a ritirarsi ed a rinunciare all'operazione. I Senussi catturarono ingenti quantità di materiale fra cui circa 400 fucili Carcano mod. 91.
Tassoni però non volle rinunciare alle sue ambizioni offensive, ordinò al colonnello Miani di trasferirsi a Misurata. Li avrebbe dovuto organizzare una nuova sortita offensiva verso Sirte.
L'operazione iniziò il 10 Aprile, le truppe italiane questa volta raggiungevano le 3.000 unità, dotate anche di alcune batterie da 70 mm ippotrainate e da 12 mitragliatrici "Vickers". Anche in questo caso la maggioranza delle truppe era composta da elementi libici arruolati sul posto ed inquadrati nell'esercito italiano. Nonostante la scarsa combattività dimostrata nella scorsa offensiva da parte di queste truppe, fu scelto di utilizzarle ugualmente.
Il 28 la colonna raggiunse Sirte, incontrando scarsa resistenza, Miani decise quindi di dirigersi verso l'interno, credendo che nei pressi del villaggio di Abu Hadi vi si trovassero le truppe nemiche.
Per sfortuna di Miani le forze arabe non si trovavano ad Abu Hadi, ma si erano posizionate a nord del villaggio, consapevoli del tragitto che avrebbe percorso una eventuale colonna nemica.
Le truppe italiane, individuate, vennero attaccate dai Senussi e nel giro di pochi minuti molti soldati delle truppe libiche disertarono finendo per sbandarsi o peggio, per schierarsi dalla parte dei Senussi sparando alle truppe italiane.
Miani reagì troppo tardi alla trappola, non riuscì a far sparpagliare le proprie forze che si videro praticamente bloccate nella stretta di una valle.
Anche in questo caso le perdite furono elevate, i nazionali morti furono circa 300 su 900 unità, mentre le truppe coloniale eritree (le uniche a combattere in maniera leale) soffrirono la perdita del 60% degli elementi, il resto invece fu passato per le armi dopo la cattura. I libici inquadrati nell'esercito italiano non ebbero molte perdite in quanto quasi subito abbandonarono le armi o si schierarono col nemico.
Il bottino arabo questa volta fu ancora più grande, circa 4.000 fucili, 6 mitragliatrici, svariate casse di munizioni e soprattutto, praticamente tutti i pezzi d'artiglieria.
Il 3 Maggio le forze arabe si trovavano a pochissimi chilometri di Misurata, il generale Tassoni, governatore della Tripolitania inviò immediatamente richieste d'aiuto a Roma, chiedendo rinforzi urgenti senza i quali l'intera Tripolitania sarebbe stata perduta.
L'Italia entra nella prima guerra mondiale
Gli aiuti chiesti da Tassoni (che in realtà erano già stati programmati prima della richiesta), consistevano in 18 Battaglioni dell'esercito.
Tuttavia il governatore chiese al generale Cadorna, capo di stato maggiore, l'invio di altri 5 battaglioni. Cadorna che già fu riluttante a concedere il primo scaglione di rinforzi questa volta rifiutò, vista l'ormai prossima entrata in guerra dell'Italia al fianco di Francia e Gran Bretagna doveva preparare al meglio il fronte italo-austriaco.
Il governatore si vide costretto ad iniziare lo sgombero di molti presidi per potersi concentrare nella difesa della zona di Tripoli, Homs e Misurata.
Con l'ingresso ufficiale dell'Italia in guerra il 25 Maggio 1915 la situazione in Libia si fece ancor più disperata. Cadorna richiederà addirittura il rimpatrio di un certo numero di truppe da destinare al fronte italo-austriaco.
Il presidio di Zuara fu sgomberato a fine Luglio e rimpatriato il 5 Agosto tramite il porto di Tripoli.
Al 21 Agosto, dopo aver sgomberato a malincuore anche Misurata, la presenza italiana in Libia era limitata alla zona Tripoli-Homs.
La difesa affidata a 33.000 uomini la cui maggioranza era questa volta composta da nazionali (circa 29.000) supportati da 130 pezzi d'artiglieria per lo più da 70 mm ed alcuni pezzi fissi da 149 mm. A completare c'erano una decina di velivoli da ricognizione.
Il nuovo governatore, generale Ameglio, decise di non optare per alcuna strategia offensiva, anzi, iniziò a fortificare i circa 32 chilometri di "fronte" della zona ancora in mano italiana nella zona di Tripoli. Lo stesso fu fatto per la zona di Homs.
Il dispositivo italiano sembrava reggere, gli attacchi delle forze arabe venivano respinti senza grosse difficoltà, tuttavia Ameglio credeva che la vera offensiva nemica non fosse ancora avvenuta, temeva addirittura di non riuscire a contenere le forze nemiche se fossero sopraggiunte in massa verso Tagiura ad est di Tripoli.
Nel frattempo, le forze arabe iniziarono le operazioni ad est contro i britannici, svariate oasi presidiate dai britannici caddero sotto le scorribande arabe nel deserto libico-egiziano.
Continua...
A Martedì prossimo!
D.M.
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