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"Protector et vindicator" - La nave immortale



(L'incrociatore corazzato San Giorgio a Tobruk)



Una nave, tre guerre.

L'Incrociatore corazzato San Giorgio venne progettato ed impostato nel 1905 nell'ambito del programma italiano di ampliamento della propria marina militare.
La nave venne completata nel 1910 entrando poi ufficialmente in servizio nella primavera del 1911.
Per l'epoca si trattava di un'imbarcazione moderna e potentemente corazzata, la sua cintura era infatti spessa ben 203 mm ed anche i ponti superiori presentavano un rivestimento protettivo in grado di fornire una tra le migliori protezioni dell'epoca.

Qualche mese dopo l'Italia entrò in guerra contro l'Impero Ottomano (Guerra italo-turca), il San Giorgio a causa di alcune riparazioni necessarie in seguito ad un incidente entrò nel conflitto solo alle battute finali, operò davanti le coste libiche a protezione delle unità che trasportavano truppe e rifornimenti per l'occupazione della Tripolitania.

Nonostante l'impiego tardivo il comando della marina si ritenne soddisfatto delle prestazioni dell'incrociatore che venne assegnato alla squadra navale del basso Adriatico.

Arrivò la grande guerra, la nave partecipo stabilmente alle azioni navali in Adriatico ai danni della marina Austro-Ungarica. In particolare l'attacco (Ottobre 1918) alle infrastrutture portuali di Durazzo ed alle navi alla fonda li presenti, fu l'evento di maggior rilievo per il San Giorgio che riuscì insieme agli incrociatori San Marco e Pisa ad affondare molte delle imbarcazioni ancorate a Durazzo.




(Il San Giorgio durante la prima guerra mondiale)


Terminato il conflitto il San Giorgio iniziò a mostrare segni di vetustà tecnologica rispetto agli incrociatori del periodo post-bellico. Durante gli anni '20 partecipò a varie crociere di rappresentanza, specialmente in sud America.
Venne successivamente schierato nel Mar Rosso ed in fine ritenuto ormai obsoleto adibito a Nave Scuola presso Pola tra il 1930 ed il 1935.

Nel 1936 lo scoppio della guerra civile spagnola ed il successivo intervento italiano in aiuto dei nazionalisti guidati da Francisco Franco, obbligò il comando italiano ad assegnare alcune navi della Regia Marina al trasporto e la scorta armata di truppe verso la penisola iberica, nonostante fosse adibita a nave scuola la San Giorgio venne assegnata alla divisione impegnata nella guerra civile spagnola, partecipando così alla sua terza guerra.



I lavori di ricostruzione

Nel 1938 il San Giorgio scampò alla demolizione per essere destinato di nuovo al ruolo di nave scuola.
Venne però deciso di ammodernare la nave, i lavori che iniziarono durante l'estate del 1938 ridussero il numero delle caldaie, le batterie principali (quattro da 254 mm ed otto da 190 mm)
 non furono toccate, mentre quelle secondarie furono sostituite da varie armi anti-aeree ed anti-nave:

- Otto cannoni binati anti-aerei da 100/47 mm
- Sei cannoni da 37/54 mm
- Dodici mitragliere da 20/65 mm


Nel '39 entrò ufficialmente nella divisione navi scuola ed effettuò svariate missioni d'addestramento.



La San Giorgio rientra in battaglia

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale la maggior parte delle navi scuola finirono per essere assegnate a compiti minori.
La San Giorgio grazie ai lavori effettuati qualche anno prima evitò di essere radiata per la sua eccessiva vetustà tecnologica, al contrario venne assegnata alla piazzaforte di Tobruk adibita al ruolo di batteria costiera ed antiaerea galleggiante (Vista l'impossibilità di poter operare in mare aperto per la scarsa velocità).



(La posizione della nave a Tobruk)


Posizionata in rada su fondali bassi per ottenere la massima protezione anti-siluro possibile, svolgeva quindi la doppia funzione di batteria costiera e di terra, per svolgere queste funzioni avendo una visibilità limitata venne creata una postazione d'osservazione fissa a terra (Chiamata Torretta San Giorgio), che comunicava via radio con la nave in modo da poter coordinare con più precisione il tiro.


Durante i primi giorni di guerra vi furono svariate incursioni aeree su Tobruk, la San Giorgio fornì ottima prova di se, riuscendo spesso a mettere in difficoltà gli aerei britannici col suo fitto fuoco anti-aereo.
Il 28 Giugno '40 in volo con un SM-79 il governatore della Libia, Italo Balbo venne abbattuto per errore dalla San Giorgio, che reduce da un pesante attacco aereo nemico, scambiò il velivolo di Balbo per un aereo britannico. Il tragico incidente costò la vita al governatore italiano, che venne poi come si sa, sostituito dal generale Graziani.



(La San Giorgio in rada a Tobruk)


Con il crollo della 10a Armata Italiana causato dall'offensiva britannica (Operazione Compass), la piazzaforte di Tobruk si trovò investita dall'attacco nemico da terra.
La San Giorgio nonostante i numerosi attacchi aerei riuscì a restare praticamente illesa, fino al 21 Gennaio, quando colpita, perse uno dei cannoni anti-aerei da 100 mm.
Il comandante della nave, Stefano Pugliese chiese a Supermarina (l'alto comando della marina) di poter uscire in mare per affrontare il nemico e successivamente riparare in un porto italiano. Il comando rispose negativamente, in mare aperto la nave sarebbe andata incontro a fine sicura, mentre in rada a Tobruk avrebbe potuto proseguire la sua funzione di batteria costiera.


Sempre il 21 Gennaio la forze britanniche erano ormai concentrate verso Tobruk, la nave iniziava ad essere oggetto delle attenzioni dei bombardieri nemici, essendo uno degli ultimi ostacoli per i britannici che cercavano di conquistare la piazzaforte italiana.
La San Giorgio continuò il suo tiro di contro-batteria nonostante le ormai incessanti incursioni aeree che ad ondate si riversavano sulla nave.
Alle 11:00 una bomba nemica distrusse il cavo delle comunicazioni che arrivava a terra, rendendo di fatto la San Giorgio quasi isolata.
Dopo le 14:30 i bombardamenti aerei contro la nave ripresero incessanti ed alle 17:00 una bomba colpi lo scafo, riducendo di molto la capacità difensiva della stessa.

Il comandante, essendo del tutto isolato non sapeva in che modo si stava svolgendo il combattimento terrestre, ne se i britannici fossero riusciti a penetrare all'interno della piazzaforte.
Alle 19:00 finalmente arrivò una missiva da parte del comando della piazzaforte, che annunciava praticamente la sua imminente caduta. 

Alle 20:30 Pugliese si rese conto di essere ormai in condizioni disperate, iniziò quindi a sbarcare i feriti ed il personale non necessario, in attesa di poter predisporre l'autoaffondamento della nave per evitare la sua cattura da parte del nemico.

Pugliese si reco a terra per incontrare l'ammiraglio responsabile della piazzaforte e nonostante un primo momento di disaccordo, fu concesso l'abbandono nave e l'autoaffondamento da effettuarsi il giorno successivo (il 22 Gennaio).
Tornato a bordo, predispose l'autoaffondamento, non senza difficoltà, in quanto la nave non era in possesso di munizionamento adatto (mancavano le bombe-mine). Si escogitò così un piano alternativo, una miccia collegata a delle bombe nei locali munizioni dei pezzi da 254 mm.
Alle 0:30 del 22 una volta sbarcati tutti i membri dell'equipaggio, vennero accese le micce, Pugliese fu l'ultimo a scendere dalla nave.

All'1:00 precisa le carica sarebbero dovute esplodere, ma non accadde nulla, il comandante tornò cosi a bordo insieme ad alcuni membri dell'equipaggio e constatò che le micce si erano spente, diede così ordine di gettare della benzina nei locali del munizionamento, l'incendio avrebbe poi innescato le esplosioni che avrebbero portato all'affondamento della nave.
Durante tali operazioni improvvisamente il locale centrale già inondato di benzina saltò in aria, l'esplosione fece sobbalzare Pugliese ed i suoi uomini, rapidamente per evitare morte certa si gettarono in acqua, poco dopo furono udite altre poderose esplosioni.




(La nave in fiamme dopo l'autoaffondamento)


Il comandante Pugliese allo stremo delle forze fu soccorso a riportato a terra, dove il mattino dopo venne fatto prigioniero dai britannici.
Si concluse qui la vita operativa dell'incrociatore San Giorgio, nave che vide ben quattro conflitti e che in fine cercò di restare a galla nonostante gli svariati attacchi nemici ed il programmato autoaffondamento che in un primo momento fallì. 



D.M.








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