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Un lembo d'Italia in Cina



(La caserma Ermanno Carlotto sita in Tientsin)



La rivolta dei Boxer e l'intervento italiano

Durante i primi mesi del 1900 in Cina un movimento anticolonialista chiamato "Boxer" (nome dovuto alla provenienza di molti dei rivoltosi, i quali frequentavano le palestre di Kung Fu) diede inizio ad una serie di proteste che portarono ad una escalation di violenze.
Il 20 Giugno i rivoltosi presero d'assedio le legazioni internazionali causando la reazioni delle otto potenze occidentali coinvolte, tra le quali vi era l'Italia.


(Un gruppo di ribelli "Boxer")


Il governo regolare cinese rappresentato dall'imperatrice Cixi appoggiò tacitamente la rivolta per poi entrare ufficialmente in guerra con le nazioni occidentali.
In Agosto il corpo di spedizione internazionale riuscì a interrompere l'assedio alle legazioni ed a occupare Pechino. 
Anche un contingente italiano partecipò alla spedizione. Fu composto da circa 2.500 elementi (Un battaglione di fanteria, uno di bersaglieri, un plotone di cavalleria ed una sezione di Carabinieri oltre che ai raggruppamenti di supporto logistico-medico).


(Rappresentanza delle otto potenze occidentali)


Nel Settembre 1901 l'imperatrice fu costretta a capitolare.  Firmò il protocollo dei Boxer, un trattato con il quale la Cina fu costretta a ripagare le nazioni occidentali con una pesantissima indennità di guerra oltre che alla perdita de facto di ogni autonomia economica. 
All'Italia spettò la sua fetta di torta, il 5,91% dell'intera somma destinata all'indennità di guerra (67,5 milioni di sterline dell'epoca).


La concessione di Tientsin

Oltre all'indennità di guerra l'Italia ottenne la concessione di una piccola area territoriale nella città commerciale di Tientsin.
L'Italia ottenne ufficialmente il possesso della concessione il 7 Giugno 1902, nominando governatore della concessione italiana di Tientsin il diplomatico Cesare Poma.
La concessione era grande circa 46 ettari (0,458 km quadrati), la popolazione composta prevalentemente da cinesi non superò mai le 10.000 unità, 300 delle quali di nazionalità italiana. Si tratta
va per lo più di diplomatici e componenti del presidio militare italiano.


(Mappa della concessione italiana)



Nel 1904 venne inaugurata la stazione radiotelegrafica di Tientsin, nel corso degli anni la presenza italiana divenne sempre più evidente grazie alla costruzione di svariati edifici di stampo architettonico evidentemente europeo, come ad esempio la caserma Carlotto, che ospitava i militari italiani presenti nella concessione.
Per poter meglio proteggere gli interessi italiani in Cina, venne richiesta la costruzione di una piccola cannoniera, capace di risalire i fiumi cinesi. Le principali installazioni italiane (per lo più stabilimenti tessili) si trovavano infatti in prossimità di città fluviali. La Cannoniera "Ermanno Carlotto", la nave tuttavia non venne completata prima del 1918 a causa dello scoppio della prima guerra mondiale.



La piccola colonia ebbe anche una sorta di moneta propria, lo Yuan della Chinese-Italian Banking Corporation. 


(Italiani in piazza Marco Polo a Tientsin, da notare gli edifici dall'architettura tipicamente italiana)



Con lo scoppio della prima guerra mondiale la presenza militare venne ridotta, nel 1917 la zona di Tientsin assegnata all'Impero Austro-Ungarico venne occupata dai cinesi, di fatto però la zona che confinava con la concessione italiana fu posta sotto l'amministrazione italiana.
Durante gli ultimi mesi di guerra circa 900 prigionieri di guerra provenienti dalle fila dell'esercito austro-ungarico ma di etnia italiana arrivarono a Tientsin dove furono internati e successivamente inquadrati nel corpo di spedizione italiano in estremo oriente che servirà tra il 1918 ed il 1919 in Asia nelle azioni contro i bolscevichi. 

Con l'avvento del fascismo la presenza militare aumentò notevolmente, arrivando a tre compagnie di fanteria.
La cannoniera "Carlotto" completata nel 1918 riuscì nell'impresa di risalire il fiume Azzurro nel 1923 sotto il comando del tenente di vascello Alberto Da Zara (divenuto successivamente ammiraglio). 


(La cannoniera "Ermanno Carlotto")


Lo scoppio della seconda guerra mondiale non turbò almeno inizialmente la vita nella concessione italiana. I giapponesi dopo l'attacco a Pearl Harbor e l'ingresso nel secondo conflitto mondiale occuparono la città col pretesto di dover mantenere l'ordine in vista di future operazioni militari in Cina. 
Agli italiani fu comunque permesso di mantenere il proprio armamento ma non di lasciare il territorio della concessione senza il permesso delle autorità giapponesi. Fu anche vietato il possesso della radio, gli italiani presenti furono cosi informati raramente di quanto accadesse sui fronti di guerra, specialmente dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Russia, dato che la posta utilizzava la ferrovia transiberiana per arrivare a Tientsin.


(Un gruppo di fanti di marina a Tientsin)


L'8 Settembre 1943 con l'armistizio italiano la situazione precipitò, il presidio di Tientsin fu circondato da un reggimento dell'esercito imperiale giapponese il 10 Settembre. Non vi furono spargimenti di sangue, le forze italiane deposero le armi. La maggior parte dei militari fu deportata in un campo di concentramento in Corea, alcuni invece accettarono di collaborare col nuovo stato fascista italiano, a questi fu concesso di restare presso la caserma fino al 1944 quando vennero espulsi in qualità di "civili non nemici" e rimpatriati in Italia.
Il 27 Luglio 1944 la Repubblica Sociale Italiana cede ufficialmente il territorio della concessione di Tientsin alla Repubblica di Nanchino (stato fantoccio filo-giapponese).
Nel dopoguerra l'ormai ex territorio italiano viene definitivamente assegnato alla Cina con gli accordi di Parigi del 1947.

Ancora oggi a Tientsin possiamo notare le tracce della presenza italiana soprattutto dal punto di vista architettonico.


(Palazzo dello sport a Tientsin, da notare i fasci littori lasciati intatti)


(L'ex caserma "Ermanno Carlotto")


(Monumento italiano dedicato alla vittoria della prima guerra mondiale)



D.M.







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