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Il battesimo dello squadrismo fascista



(L'Hotel Balkan in fiamme)



Una polveriera pronta ad esplodere

La genesi dello squadrismo fascista organizzato può essere facilmente identificata con i fatti avventi il 13 Luglio 1920 a Trieste.
In quel periodo la tensione tra italiani e jugoslavi nei territori limitrofi al neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni era altissima, nella città di Spalato (appartenente agli jugoslavi) dove risiedeva una consistente comunità italiana gli incidenti tra italiani e slavi erano all'ordine del giorno fin dai primi mesi del primo dopo guerra.

Già il 18 Novembre 1918 il governo provinciale della Dalmazia impose a tutti i funzionari pubblici di prestare giuramento al re del neonato regno. Gran parte degli italiani presenti in quei territori si rifiutò di giurare finendo così per essere sollevati da ogni incarico pubblico.
Il 6 Gennaio 1919 la popolazione slava di Traù (una cittadina a circa 30 Km da Spalato) stuzzicata dalla notizia di un'imminente occupazione militare italiana prese d'assalto negozi e luoghi di ritrovo della comunità italiana, molti vennero brutalmente percossi ed altri costretti ad osservare impotenti la distruzione dei loro locali.

In Italia vista la situazione si iniziò a pensare all'invio di un contingente militare in Dalmazia al fine di poter proteggere i residenti italiani.
Il 12 Gennaio 1919 la Torpediniera RN Puglia arrivò al porto di Spalato, provocando le ire delle autorità jugoslave, al suo attracco la folla iniziò ad insultare gli italiani, alcuni tirarono degli ortaggi contro la nave italiana in segno di protesta.
A terra invece le truppe italiane occupavano le zone della Dalmazia assegnate loro ai tempi del patto di Londra, ciò preoccupò ancor di più le autorità jugoslave in quanto le forze italiane si trovavano a pochi chilometri da Spalato.



La bomba esplode

Dopo mesi di tensione, incidenti e proteste, il 12 Luglio 1920 un marinaio italiano strappò dalle mani di una donna la bandiera jugoslava e la portò a bordo della RN Puglia come trofeo.
Subito scoppiarono proteste per l'accaduto, due sottufficiali italiani si asserragliarono all'interno di un Caffé italiano di Spalato temendo di finire nelle mani della folla che stava iniziando ad assaltare i negozi italiani del centro.

Il comandante del Puglia, Tommaso Gulli decise di portare la bandiera sul cacciatorpediniere statunitense USS Long ancorato nel porto di Spalato, pensò in questo modo di poter chiudere l'incidente.
Si recò poi con un MAS verso il molo per poter recuperare i due sottufficiali che si erano nascosti temendo per la loro vita. Quello che accadde al momento dell'attracco è ancora poco chiaro, secondo la ricostruzione italiana dalla folla vennero esplosi dei colpi d'arma da fuoco, addirittura da parte dei gendarmi jugoslavi. Mentre gli jugoslavi affermarono di aver risposto al fuoco proveniente dal MAS italiano. 

(Il comandante Tommaso Gulli)


Una pallottola colpì il comandante Gulli al ventre, il quale nonostante fosse gravemente ferito ordinò di tornare immediatamente a bordo del Puglia. Il motorista Aldo Rossi invece, raggiunto da un proiettile al collo spirò poco dopo durante il tragitto verso la torpediniera italiana.
Il comandante venne prima medicato e poi riportato a riva per essere operato d'urgenza, a nulla valsero gli sforzi del chirurgo, il comandante Tommaso Gulli morì sul tavolo operatorio alle 4:00 del mattino.


A Trieste ecco gli squadristi

Il 13 Luglio i giornali nazionalisti triestini riportarono un proclama del Fascio Triestino di Combattimento, dove si incitava la popolazione a reagire ai fatti di Spalato ed a presentarsi per un comizio che sarebbe avvenuto alle 18:00 dello stesso giorno.

Il segretario del Fascio di Trieste era Francesco Giunta, iscrittosi solo pochi mesi prima al neonato partito fondato da Mussolini. Pronunciò alla folla un discorso dai toni accesissimi:

«L'anima grande del comandante Gulli, barbaramente ucciso, vuole vendetta. Fratelli, che avete fatto voi del provocatore pagato? (Giunta si riferiva a un passante che era appena stato salvato dai carabinieri dopo essere stato aggredito perché sorpreso a leggere un giornale in sloveno, n.d.r.) È stato poco, dovevate uccidere! Bisogna stabilire la legge del taglione. Bisogna ricordare ed odiare (...). Gulli era l'uomo di Millo, il più grande ammiraglio che abbia avuto l'Italia. Gulli va vendicato (...) L'Italia ha portato qui il pane e la libertà. Ora si deve agire; abbiamo nelle nostre case i pugnali ben affilati e lucidi, che deponemmo pacificamente al finir della guerra, e quei pugnali riprenderemo - per la salvezza dell'Italia. I mestatori jugoslavi, i vigliacchi, tutti quelli che non sono con noi ci conosceranno (...)»

Verso la fine del comizio iniziarono i disordini, un operaio di etnia slava secondo le ricostruzioni fornite da Giunta uccise un giovane cuoco italiano che si trovava praticamente li per caso visto che il ristorante dove lavorava era situato nei pressi della piazza dove si stava svolgendo il comizio.
A Giunta serviva solo questo per far scattare in piena legittimità la guerriglia urbana finalizzata a colpire gli slavi presenti a Trieste.

Le squadre d'azione fasciste si divisero in tre agendo in maniera del tutto ordinata, ciò fa intendere che l'azione fu accuratamente studiata e che non avvenne per reazione spontanea dovuta alla morte del giovane italiano.
Inizialmente venne preso d'assalto il consolato jugoslavo, fatto oggetto di una sassaiola da parte degli squadristi. Successivamente vennero attaccati i negozi gestiti dagli slavi.

L'obiettivo finale era il Narodni Dom, sede delle organizzazioni che tutelavano le minoranze slave a Trieste, dove vi era tra l'altro anche l'Hotel Balkan.
Gli squadristi forzarono le porte dell'edificio e sparsero benzina al suo interno, nel frattempo dall'edificio qualcuno iniziava a sparare verso gli squadristi. I militari italiani giunti sul posto per tentare di mettere fine all'assalto risposero invece al fuoco proveniente dal suo interno, segnando così la fine dell'Hotel Balkan. 
Gli squadristi appiccarono il fuoco che rapidamente avvolse l'edificio, tutti gli ospiti dell'Hotel fatta eccezione per un farmacista sloveno riuscirono a mettersi in salvo.
Il Narodni Dom era ormai avvolto dalle fiamme, i vigili del fuoco accorsi sul posto per spegnere l'incendio vennero fermati dagli squadristi impedendo loro di intervenire. 







Giunta era soddisfatto del suo operato, tanto che qualche tempo dopo in un comizio in vista delle elezioni disse:
«Per me il programma (elettorale) comincia con l'incendio del Balkan»

Francesco Giunta anche grazie a questa sua azione fece carriera, nel 1923 venne nominato da Mussolini segretario del Partito Nazionale Fascista, anni più tardi durante il secondo conflitto mondiale fu nominato governatore della Dalmazia, favorì la repressione degli slavi e inasprì la lotta anti-partigiana.




D.M.



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