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Verso la vittoria - Parte III





Il momento decisivo

Il 28 Ottobre, la situazione sul Grappa restava sostanzialmente invariata, diversa invece la situazione sul Piave. Alcune unità italiane erano riuscite con successo a creare delle teste di ponte sull'altra sponda del fiume, si fece quindi necessario e vitale il rinforzo di queste posizioni affinché non venissero distrutte da eventuale controffensive austroungariche.

A Pederobba la 12a Armata era riuscita a creare una piccola testa di ponte, tuttavia rimase isolata dal resto dell'armata, rischiava quindi di essere definitivamente travolta dal nemico. Per quanto riguarda l'8a Armata guidata dal generale Caviglia e responsabile dell'attacco principale da condurre verso Vittorio Veneto, la situazione era similare a quella della 12a, alcune teste di ponte conquistate con fatica risultavano isolate in seguito alla distruzione dei pontoni da parte austroungarica, l'artiglieria asburgica martellava il fiume costantemente e rendeva il lavoro dei pontieri italiani un vero inferno. Il sacrificio di queste unità, spesso dimenticato rappresenta in realtà uno dei cardini dello sforzo bellico italiano durante la battaglia di Vittorio Veneto.




In seguito ad una riunione avvenuta tra i generali dell'8a Armata Caviglia riconobbe che la battaglia era giunta al suo culmine, era necessario continuare ad attaccare invece che stazionare nelle teste di ponte in attesa di ulteriori rinforzi. 
Durante la notte tra il 27 ed il 28 i pontieri italiani lavorarono senza sosta per ripristinare i collegamenti con le truppe al di là del fiume. Nonostante le numerose voci di un imminente crollo dell'esercito nemico a causa di svariate defezioni interne l'esercito austroungarico fino a quel momento aveva ben tenuto le proprie posizioni, le truppe in prima linea non avevano dato alcun segno di cedimento. A confermare ciò le note del generale Giardino scritte tra il 27 ed il 28 Ottobre.


(Truppe italiane passano il Piave)


Il 28 però la situazione cambiò radicalmente, i pontieri erano riusciti durante la notte a far passare dall'altra parte una ingente quantità di truppe e rifornimenti.
L'8a Armata passò quindi all'offensiva generale, l'obiettivo era per la fine della giornata passare interamente sulla sponda opposta del Piave.
Il generale Boroevic perse definitivamente le speranze sulla possibilità di poter tenere la linea del Piave ed iniziò ad organizzare una eventuale ritirata verso est. Il generale austroungarico comunicò al comando supremo che la situazione stava per diventare insostenibile e prevedeva come unica possibilità di salvezza un ritiro totale delle truppe asburgiche dal Veneto, in modo da poter raggiungere posizioni ben più difendibili.


L'impero inizia a scricchiolare

Il 29 Ottobre continuarono gli assalti italiani nella zona del Grappa, i quali riuscirono a conquistare qualche posizione sul Col della Berretta, poche ore dopo però gli austriaci contrattaccarono ferocemente, gli italiani persero tutte le posizioni conquistate durante la mattinata.
Il generale Giardino, responsabile della 4a Armata, chiese per l'ennesima volta di sospendere gli attacchi ritenuti da lui inutili visti i risultati. Giardino riteneva di poter attendere gli sviluppi sul Piave prima di dover scatenare un altra offensiva dato che il ruolo della sua armata fu quello di distrarre le forze austroungariche dal Piave al Grappa.


(Artiglieria italiana schierata sul fronte dell'8a Armata)


L'8a Armata sul Piave era riuscita a passare interamente sull'altra sponda del Piave, Caviglia soddisfatto dei risultati ordinò alle sue unità di passare all'offensiva nel rispetto dei piani, puntando quindi verso Vittorio Veneto.
Durante la tarda mattinata del 29 le truppe italiane della 10a Armata coadiuvate da tre divisioni britanniche sfondano il fronte tenuto dalla 6a Armata austroungarica travolgendo due divisioni nemiche. A questo punto l'armata austroungarica schierata a lato del Grappa rischiava di esser tagliata fuori senza alcuna speranza di potersi ritirare con successo.
Alle 16:30 Boroevic ordinò la ritirata della 6a Armata dietro il fiume Livenza, ma il generale austroungarico giudicava la situazione disperata, attendeva una risposta dal comando supremo riguardo il ritiro totale delle truppe dal Veneto per meglio difendere i confini dell'Impero e cercare di salvare più truppe possibile.

Alle 19:30 arriva il tanto agognato ordine di ritirata generale delle truppe austroungariche dal Veneto, tardi, forse troppo tardi secondo Boroevic.
Nel frattempo le truppe italiane iniziavano a dilagare, la 6a Armata austroungarica iniziava la sua ritirata che somigliava più che altro ad una rotta, le forze italiane liberarono Conegliano verso le 23:00 accolti festosamente dalla popolazione locale.
Il comando gruppo armate Tirolo ritenne impossibile la ritirata, chiese al comando supremo di iniziare le trattative per un armistizio.
Quando la notizia giunse ai comandi italiani essi rifiutarono una qualunque trattativa che non avesse come risultato finale la resa dell'Impero Austroungarico.


Vittorio Veneto

Il capo di stato maggiore Armando Diaz, vista la situazione ordinò di attivare quattro divisioni di cavalleria, le quali sfruttando la ritirata del nemico dovevano puntare velocemente verso il fiume Tagliamento, in modo da poter tagliare la via di fuga alle unità austroungariche in rotta.
Le forze aeree italiane giocarono a questo punto un ruolo fondamentale, andando a colpire le colonne nemiche in ritirata creando ulteriore scompiglio tra le file austroungariche. 
L'8a Armata stava ormai dilagando lungo tutto il fronte e nel primo pomeriggio del 30 Ottobre le truppe italiane entrarono a Vittorio Veneto, la gioia della popolazione locale fu incontenibile, i cavalieri italiani vennero accolti da un bagno di folla festante. La popolazione locale che molto aveva sofferto durante la dura occupazione nemica si sentiva finalmente libera e di nuovo parte del loro paese. 

(Cavalieri italiani entrano a Vittorio Veneto)


L'avanzata italiana era ormai inarrestabile, lungo tutto il fronte del Piave la resistenza austroungarica era stata stroncata e le truppe nemiche erano in uno stato disastroso.
La situazione interna dell'Impero iniziò a diventare insostenibile, giungevano al fronte voci di rivolte dalle maggiori città imperiali quali Zagabria, Praga e Vienna.
Nel frattempo anche il "Gruppo Belluno" che aveva ben tenuto sul Grappa iniziava a ripiegare per evitare di essere accerchiato.

Nel pomeriggio avvenne una riunione dello stato maggiore austroungarico, il comando supremo aveva proposto ai comandanti delle varie armate di intavolare trattative separate in base ai bisogni dei vari comandi. Boroevic fu però contrario, riteneva di poter ancora salvare il salvabile, soprattutto in ottica futura, un esercito ancora intatto avrebbe permesso di tenere in piedi l'ormai decadente impero asburgico.

L'Impero sconfitto

Il comando austroungarico incaricò il generale Weber di iniziare le trattative di resa con gli italiani.
Alle 17:00 il generale austriaco ed altri alti ufficiali raggiunsero Villa Giusti, luogo designato dal comando italiano per le trattative tra i due paesi.
Da Parigi il primo ministro italiano Orlando comunicò a Diaz che le condizioni da presentare agli austroungarici sarebbero state presentate insieme alla documentazione trasmessa da Parigi, visto che l'armistizio andava discusso non solo con gli italiani ma con l'intera alleanza. 
Le truppe italiane che ormai avanzavano ovunque iniziavano la loro avanzata anche nel settore precedentemente occupato dal "Gruppo Belluno", le truppe del generale Giardino videro così premiati i loro sanguinosi sforzi occupando finalmente alcune importanti posizioni lungo il settore del Grappa.


(Il generale austroungarico Weber)


Venne finalmente autorizzata l'offensiva generale anche dei gruppi d'armata Trentino. La sesta armata attaccò in direzione di Asiago e riuscì a superare una inaspettata resistenza nemica non senza difficoltà. Una volta riusciti però a sfondare verso Asiago anche le truppe austroungariche del "Gruppo Armate Tirolo" si videro costrette ad iniziare una ritirata generale verso l'altopiano di Folgaria.
L'8a Armata di Caviglia ormai inseguiva senza sosta il nemico in rotta, le ultime direttive ricevute dal comando supremo ordinavano di cercare di catturare quante più truppe nemiche possibile in modo da poter distruggere definitivamente l'esercito austroungarico.

Alle 10:00 del 1° Novembre giunsero le clausole armistiziali a Villa Giusti, il generale Weber ne fu scioccato, le riteneva inaccettabili ed umilianti.
Esse prevedevano l'evacuazione totale dai territori italiani, la consegna dei territori assegnati all'Italia secondo gli accordi presi con gli Alleati (Trentino, Istria, Zara e Dalmazia), la liberazione di tutti i prigionieri di guerra, la consegna di tutto l'arsenale austroungarico, libero passaggio delle truppe alleate verso il confine austro-tedesco in modo da poter continuare la guerra contro la Germania anche dal fronte sud, l'immediata creazione di un'assemblea nazionale per decidere le sorti dell'Impero in base ai voleri delle popolazioni che ne facevano parte (Le quali al 1918 erano per la maggior parte schierate per la dissoluzione dell'Impero e l'indipendenza dei loro rispettivi paesi).
Il generale Weber prese tempo ed inviò il testo a Vienna in attesa di ulteriori istruzioni.




D.M.

Ho preferito concludere qui la terza parte per meglio rappresentare la conclusione del conflitto e le vicende successive all'armistizio. Martedì prossimo l'ultima parte di "Verso la vittoria" metterà la parola fine a questo ciclo dedicato alle fasi finali dei combattimenti sul fronte italiano. Inizierà però un altro importante ciclo d'appuntamenti incentrato sulle vicende e le situazioni dell'immediato dopoguerra.

A Martedì prossimo!






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